Insieme con gli inediti de Il bosco degli spiriti, composti negli ultimi anni, questo volume raccoglie tutte le poesie di Giovanni Turra già pubblicate.
Delle raccolte incluse è mantenuta la fisionomia originale, secondo un percorso che consente di ricostruire l’evoluzione di Turra: si trascorre così dal dominio serrato di un’architettura compositiva che ritraeva luoghi e persone nell’istante di un crollo, nel loro nuovo ordine di macerie, ai conseguiti slarghi degli ultimi testi, dove, se pure il tono si fa qua e là più narrativo, il discorso posa su forme comunque riconoscibili.
A colpire sono però la coesione e la coerenza di un corpus poetico che progredisce nei suoi inesausti conati di breccia: da un caseggiato con finestre, balconi e cortili interni, al limitare di un bosco che ricorda l’Ingens Sylva dell’inconscio; da un io sempre di sbieco, più e meno dissimulato, al necessario trasfondersi nell’altro da sé; da un inventario di reliquie, piccole manie, tic, all’intimità riparatrice dell’explicit.
L’insistere degli accenti e delle figure di suono, la manomissione del periodo e la presenza di termini obsoleti o desueti costringono il lettore al ripensamento, avvitandolo in un’esperienza quasi mistica: ogni parola sembra tornita con l’accetta e lo sguardo è ora allato ora frontale. In punta di linea un precipizio ci attende: vorremmo poter tornare indietro ma la gioia di buttarci ci esorta, un altro schiaffo di bellezza.
Peepshow conferma quella di Turra come una voce forte nel panorama italiano odierno: canto, grido o verso animale, essa chiede (non intima) amorevole attenzione.
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