Su Frammenti di nobili cose1 di Massimo Morasso (Passigli Editori, 2023).
Se i Fragmente di Novalis, come c’insegna Striedter2, sono “prefigurazione della sua poesia”, i Frammenti di Morasso, vincitori del Premio Flaiano per la Poesia 2024, sono summa del suo poetare. E sono frammenti di nobili cose, in risonanza e in contrasto con quelli petrarcheschi.
“Eleganti come vetro”3, le poesie di quest’ultima raccolta morassiana “mondeggiano”, per dirla con Heidegger, singolarmente e in connessione l’una con l’altra: delineano e plasmano universi di senso conchiusi eppure aperti in una lucidissima indagine verticale che lega la cosa alla Cosa, la carne (basar) alla gola/all’essere vivente/all’anima (nefesh, a seconda di come la si voglia tradurre) del testo sacro, le “voglie” a “Dio” (p. 13). Si elevano sopra la chiacchiera (Gerede, in Essere e Tempo), nell’ebbrezza della quale “lascia[no] languire i maldicenti” (p.12), puntano ai geroglifici (d’eco novalisiana) del Paradiso (p. 12), alla poesia dell’origine, quella “Ur-Dichtung” alla quale lo stesso Morasso, nel suo recentissimo Re-visione della poesia4, tende per un recupero profondamente anagogico dell’atto fondante della poiesis, lo stesso che e-voca le cose, che le chiama fuori, le chiama a essere in L’origine dell’opera d’arte.
Il libro si articola in cinque sezioni consapevoli, coltissime, cesellate. Si tratta di cinque tappe di un percorso che, nel corpo, si nutre dello spirito, che, nel proprio dentro, ritrova l’io (p. 32). Cinque mondi che incarnano, alla perfezione, ciò che la poesia dovrebbe poter essere: non il flatus vocis di un “cembalo squillante/come tanti” (p. 40), bensì un segno forte, sapienzialmente ispirato, di tremore e raccoglimento, la parola nel suo agire più bello, emanazione di “un uomo/simile a una foglia/quando il vento l’incalza” (p.40), salmodia che invoca l’invisibile.
Il poeta (di) Morasso, qui, già anacoreta, anagogico, anacronistico e anancastico5, potrebbe benissimo dirsi anche imperdonabile e solitario, pensando agli esseri che parlano dal margine, che vivono nella ferita dell’esistere e del senso, per Cristina Campo (autrice alla quale il poeta genovese ha dedicato, anni fa, una preziosa monografia)6. Non un senza-lingua, però, poiché “Quando l’anima mi impone di parlare,/quando zittisce il gracidio dei vivi,/ecco che arrivano gli ospiti invisibili,/si apre la casa/non c’è più nessuna chiave” (p. 54). Anche Emily Dickinson, in fondo, abitava la Possibilità, “A fairer House than Prose –”7, una casa dove la parola inizia a vivere, una volta pronunciata, acquistando un significato di luminosa corrispondenza tra sentimento e intelletto.
S’interna e sale (p. 39), questa poesia: più scende nel gorgo del Vero (quello dell’Aperto rilkiano, dove si hanno Dio e il puro spazio dove sbocciano i fiori, di fronte), più s’innalza, e – al tempo stesso – s’“intera”, si compie, si e ci completa.
Emanuela Vezzoli
Il vento che mi detta
soffia, stamattina, ricordandomi:
per me tu parli,
per me tu susciti i significati
e unifichi le cose alle parole
sposandole nei nomi.
Il refolo che soffia
al mio risveglio ha sussurrato:
per me tu insegui il vero,
la luce del tuo fuoco,
la tua chiarezza oscura, solo tua,
di te che incontri un tu
nella semenza, provvida, del Bene.
Lo sai: la lettera è mortale.
E, dunque, perché non smetti
di sparlare? Perché ti areni come
tanti, fra chi bestemmia il mondo
e chi lo finge?
Io tremo come un corpo, sinopia della polvere.
Io scorro nel tuo sangue
e genero realtà
con un’arcana sottigliezza verticale.
E tu, non hai piacere di seguirmi?
Di diventare un uomo, o di provare
a esserlo di più?
1 M. Morasso, Frammenti di nobili cose, Passigli Poesia, Firenze 2023
2 J. Striedter, Die Fragmente des Novalis als “Präfigurationen” seiner Dichtung, Wilhelm Fink, München 1985
3 E. Dickinson, J391, 1862, trad. di Margherita Guidacci
4 M. Morasso, Re-visione della poesia, Industria&Letteratura, Massa 2024, p. 49
5 M. Morasso, Re-visione della poesia, Industria&Letteratura, Massa 2024, p. 120
6 M. Morasso, In bianca maglia d’ortiche, Marietti, Milano-Genova 2010
7 E. Dickinson, J657, 1862