Centoventi anni fa nasceva quello che è considerato il più grande poeta del Carso, secondo solo al vate France Prešeren nell’Olimpo della poesia slovena. Per chi vive a ridosso del confine (o meglio, ex confine) tra Italia e Slovenia però è sicuramente più forte e marcata, più vicina alle tensioni e alla bellezza di questo territorio, la poesia di Srečko Kosovel.
Poeta morto giovanissimo, a soli 22 anni, ma che nella sua breve esperienza terrena ha scritto moltissimo (quasi tutta la sua produzione è stata pubblicata postuma). Un autore già conosciuto al pubblico italiano attraverso varie traduzione, e che ora torna nelle librerie, grazie alla ristampa voluta dall’Editoriale stampa triestina (la prima edizione era del 2011) e con una nuova veste grafica, della raccolta poetica Aspri ritmi/Ostri ritmi. Le liriche, tradotte da Jolka Milič (nata nel 1926 e morta nel 2021, ha svolto per decenni un ruolo imprescindibile nella conoscenza reciproca tra la letteratura slovena e quella italiana), sono circa 350 ed erano apparse anche nelle due edizioni dai titoli Il mio canto e Kons uscite nel 2002 per Il Ramo d’oro.
La raccolta – come rileva il professor Miran Košuta, autore della prefazione all’opera – comprende in buona sostanza un terzo dell’intera produzione poetica di Kosovel, sino ad oggi valutata in un migliaio di liriche o frammenti di esse, un numero impressionante se si pensa, appunto alla breve vita di Kosovel. Che ci ha lasciato, dai suoi primi anni di scrittura, versi intensi sul Carso, su Tomaj, il villaggio sloveno dove ha vissuto ed è morto, sulla terra scura come il terrano e gli abeti, sulla lontananza (lui che, studiando a Lubiana, ad un certo punto si trovò improvvisamente a dover oltrepassare un confine per arrivare a casa sua). Per poi più tardi scoprire, senza indugio, un nuovo modo di fare poesia, sperimentale, innovativo, perlopiù costruttivista, attraverso gli integrali e i kons.
Nella sua introduzione Košuta ricostruisce la vicenda umana e letteraria del grande poeta sloveno, ma racconta anche come la sua poesia sia recepita in Italia e nel mondo. Rimarca come, sebbene la voce di Kosovel sia arrivata a lidi lontani, da San Francisco a Cambridge, da Bucarest a Barcellona, è in Italia che ha avuto e ha la maggiore diffusione, grazie ad una dozzina di raccolte tradotte, a due monografie sulla sua vita e le sue opere e a varie antologie. Il problema, evidenzia però Košuta, è che quasi mai le traduzioni del cantore del Carso e del critico degli imperialismi e degli assolutismi dell’Europa di allora – in questo assolutamente un premonitore dell’involuzione che stiamo vivendo oggi – superano i confini regionali. La speranza è che per Aspri ritmi/Ostri ritmi non sia così.
Michele Obit
Kons II
Truden evropski človek
strmi žalostno v zlati večer,
ki je še žalostnejši
od duše njegove.
Kras.
Civilizacija je brez srca.
Srce je brez civilizacije.
Izmučena borba.
Evakuacija duš.
Večer peče kot ogenj.
Smrt Evrope!
Usmiljenje! Usmiljenje!
Gospod profesor,
razumete življenje?
Cons II
Lo stanco europeo
fissa triste la sera dorata,
che è ancora più triste
della sua anima.
Il Carso.
La civiltà è senza cuore.
Il cuore è senza civiltà.
Lotta stremata.
Evacuazione di anime.
La sera brucia come fuoco.
Morte all’Europa!
Pietà! Pietà!
Signor professore,
capisce la vita?