QUESTIONARIO SU AUTENTICITÀ E POESIA CONTEMPORANEA
a cura di Maria Borio e Laura Di Corcia

 
 

  1. Il pensiero debole e il conseguente ragionamento sul soggetto debole ha messo in crisi il concetto di verità. Ma a partire dal crollo delle Torri Gemelle questa prospettiva è stata posta notevolmente in discussione: l’idea di essere al di là della storia, dei conflitti fra superpotenze o schieramenti, si è frantumata di fronte alla certezza, oggi ancora più evidente, che la tragedia può esistere davvero sulla scena del mondo e rompere la cortina fra noi – occidentali – e gli altri. Da questi assunti sono partite una serie di riflessioni, fra cui quelle di Maurizio Ferraris e Walter Siti, che postulavano breviter l’impossibilità delle poetiche del realismo e della fiction in un momento in cui la vita sembra superare la finzione. Tutto ciò chiama in causa una responsabilità rispetto ad alcuni fenomeni storici verso i quali il pensiero debole sembrerebbe non fornire più le risposte adeguate per la decodificazione della realtà. Questi fenomeni avrebbero portato l’attenzione anche sull’importanza dell’autenticità. Cosa ne pensi? E come pensi che questi ragionamenti possano o debbano essere integrati in una riflessione sulla poesia?

 

  1. L’autenticità – dall’età romantica all’esistenzialismo – è stata cruciale per la formazione dell’individualità moderna: il mondo interiore diventava imprescindibile nella comprensione del reale al posto dei sistemi generali aprioristici del passato. Giacomo Leopardi distingueva il “vero” dall’“affettazione”. La letteratura ha progressivamente abbandonato la rappresentazione della vita secondo forme fisse universali, concentrandosi su quella, complessa e variegata, della coscienza. L’autenticità è stata un ideale: avrebbe dato senso all’esistenza, sarebbe stata una via d’accesso alla verità o quanto meno ci avrebbe aiutato a individuare dei significati per l’umanità nella storia. Questo suo carattere, come ha notato fra gli altri Charles Taylor, si è perso. Essere autentici avrebbe portato a giustificare solo le scelte e l’espressione dei singoli, a guardare prevalentemente al proprio interesse esasperandolo, a dimenticare che l’orizzonte della storia è importante e non aleatorio, così come un’etica nella società. Ci avrebbe chiuso, in modo nichilista, nelle nostre monadi, nella prigione di noi stessi, mentre i rapporti sociali sarebbero degenerati in una neutralità relativistica. Anche la letteratura, allora, è arrivata al punto di non poter più credere al valore dell’autenticità. Ma per chi fa letteratura oggi è importante interrogare l’autenticità come un problema?

 

  1. L’autenticità sembra distinguersi dalla verità: la prima partirebbe da una spinta interiore, dalla necessità individuale di poter esistere e agire secondo il proprio sé, mentre la seconda sarebbe legata a un orizzonte esterno, dal momento che il discorso della verità deve comunque poter essere condiviso. Seguendo, però, le riflessioni che abbiamo ereditato da Jacques Lacan, il desiderio presenterebbe un duplice volto, ovvero giungerebbe sempre dall’altro (il Grande altro), ma manterrebbe anche delle sue caratteristiche intrinseche (il desiderio è anche mio, e di nessun altro). Che rapporto c’è fra desiderio e autenticità?

 

  1. Partendo dal ragionamento precedente, se il desiderio viene dall’altro ed è quindi la traccia di una relazione o di un linguaggio che mi pre-esiste e dentro il quale oriento e contratto la mia identità, in cosa consisterebbe l’autenticità? E come essa potrebbe essere calata in una produzione letteraria? Per Andrea Zanzotto, ad esempio, a fronte di una natura che diventava inautentica con l’industrializzazione, la lingua e lo stile potevano mantenersi depositari dell’autentico. Lo stile e la lingua autentici dovrebbero cercare in ogni caso un nostro – per riprendere Natalia Ginzburg – “lessico familiare”?

 

  1. Il discorso sulla verità e sull’autenticità sembra essere tornato in auge, specialmente nel romanzo e in quel segmento della narrativa che corrisponde all’autofiction. Se torniamo per un attimo alla stagione del neorealismo, troviamo scrittrici come Elsa Morante per la quale il romanzo realista parlava di una “verità poetica”, non meramente oggettiva, ma intrinseca alla trasfigurazione letteraria. Nell’autofiction odierna, come in alcuni dei romanzi autobiografici di Annie Ernaux, sembra non esserci né l’intento di problematizzare davvero il parlare di sé in modo autentico, né di cercare una “verità poetica”. E come si posiziona la poesia in questo contesto? Mancano delle riflessioni? Ve ne sono troppe? Occorrerebbe postularne altre?

 

  1. Gli scrittori e le scrittrici che si consideravano realisti sembravano dare credito al valore dell’autenticità (anche dal punto di vista ideologico) e basavano su di essa l’arte del narrare, la fiction. Successivamente, soprattutto nella cultura postmoderna, chi faceva fiction ha respinto l’idea che si potesse raccontare di qualcosa di autentico. Ma, come scriveva Giovanni Giudici, “anche dalla finzione […] il vero può nascere”. Oggi la narrativa – con le scritture-documentario, la non-fiction, e la stessa autofiction – sembra aver riscoperto l’autenticità voltando le spalle alla fiction, alla narrazione come arte? E in poesia esiste una dimensione – diversa sia dalla non-fiction sia dalla autofiction – in cui, anche attraverso l’immaginazione, si potrebbe esprimere una forma di autenticità?

 

  1. Che rapporto c’è tra scrittura confessionale e autenticità? L’autenticità può essere connessa solo alla lirica, concentrata quindi intensivamente sul soggetto, oppure ad altro? L’etimologia di autentico, d’altra parte, deriva dal greco αὐϑέντης, composto autos (me stesso) e hentes (colui che agisce): autentico è chi agisce secondo il suo vero sé. Ma l’azione, per realizzarsi, presuppone un contesto e la possibilità di interazione con gli altri, senza i quali nemmeno la nostra identità riuscirebbe a costituirsi. La prova dell’autenticità, alla fine, avverrebbe comunque in un orizzonte intersoggettivo… – e, quindi, l’espressione (autentica) di sé, da parte del poeta, come può interessare la collettività?

 

  1. Utilizzando il filtro problematico dell’autenticità, credi che le dicotomie che riguardano la postura del soggetto in poesia possano essere ripensate o ristrutturate?

 

  1. Il parlar franco è stato per secoli guardato con sospetto nella dimensione letteraria. Ma dai tempi di Niccolò Machiavelli e Baldassar Castiglione a quelli di Pier Paolo Pasolini, la rivoluzione percettiva e antropologica è stata tale che si è arrivati a dare all’autenticità un posto ben diverso. Per Pasolini il parlar franco era la spia dell’integrità politica – anche in letteratura. E il parlar franco si può esprimente tanto in modo tragico quanto ironico. Una riflessione etica connessa all’autenticità dà un valore aggiunto a un testo letterario?

 

  1. In letteratura l’onestà – come il tema della “poesia onesta” caro a Umberto Saba – può andare di pari passo con il valore estetico?

 

  1. Quando scrivi, nel momento in cui prende spazio l’elaborazione del testo, hai di fronte queste prospettive? E se sì, in che modo influenzano il tuo lavoro?

 
 
In copertina: Renè Magritte, La plaine de l’air, 1940, © Photothëque R. Magritte / Adagp Images, Paris, 2018