Sono tre le sezioni che distribuiscono la geografia testuale di A di Francesca Gironi (Prufrock spa Edizioni, 2024). La prima, omonima; la seconda, “AI”; la terza, “AAA”.
Considerazioni generali e anticipazioni su A
Non succede con frequenza di poter leggere un libro di poesia necessario. Capace di affrontare temi oggi ineludibili e che non vedranno dissolversi – questo è l’auspicio – la loro urgenza.
È ancora più difficile imbattersi in un libro in cui il contenuto, un contenuto che considero militante, è espresso con un tale equilibrio espressivo, con una lingua che, nei luoghi opportuni della pubblicazione, è sempre accessibile, diafana, capace di accogliere. Mentre si fa rarefatta quando lo scopo è quello di testimoniare l’alienazione dei dispositivi, le ritualità ancestrali del potere, l’influenza del prodotto sulla persona.
Tornando all’accessibilità, essa amplifica il valore d’uso proiettando la raccolta nella dimensione estetica del contemporaneo, potenziando la possibilità di trasmissione e condivisione di testi, frutto di saperi incarnati, che sono allestiti per la dimensione della performance e dimostrano la possibile vitalità di un’epica delle/degli oppressX.
Si ha l’impressione di vagare per un’architettura luminosa e popolata dai corpi, corpi che, nel loro dialogare, testimoniano l’ingiustizia sistemica e trovano il modo di opporvisi attraverso forme spontanee, ed è il caso di dirlo, di sorellanza, come nella prima sezione “A”.
Se A è il titolo dell’intera raccolta questa vocale è pure l’elemento linguistico predominante della titolazione di ciascuna sezione, appunto: “A”, “AI”, e “AAA”.
A simboleggia un principio comune: prima lettera dell’alfabeto, origine fonetica, luogo in cui ogni compartimentazione, ogni proiezione della società sui soggetti, non è ancora avvenuta nella cristallizzazione attribuibile alla parola scritta: delle strutture, delle gerarchie, dei ruoli di genere.
Uno spazio libero (e liberato), al confine tra la rappresentazione dei suoni e la dimensione in cui gli stessi non hanno ancora assunto forma, grazie a un rapportoin praesentia con gli altri segni, e non sono ancora langue di saussuriana memoria, lingua nella qualità di sistema sociale.
Prima sezione – “A”
In questa sezione, l’autrice, con moderne allegorie, ci guida nella decostruzione di situazioni e gesti all’apparenza innocui ma che, se osservati dalla giusta specola, sono l’ignaro strumento della colonizzazione: delle abitudini, del nostro immaginario, del perimetro sociale del possibile.
[…]
Una moneta che farà di te
la futura proprietaria di una cosa
o il bersaglio di un algoritmo:
bambina, tre mesi e qualcosa
la pelle color rosa rosa.
p. 28
Un’influenza che si addensa attorno a noi, su di noi, dal momento stesso del concepimento.
[…]
Nei tuoi centimetri
sono già presenti gli anticorpi, le reazioni
ai nostri farmaci.
[…]
p. 30
Questa collezione di ricordi, queste emersioni diaristiche, riferiti a una neonata (e poi bambina), offrono, a Francesca Gironi, e a noi che le leggiamo, la possibilità di ragionare sui confini della lingua, sul significato profondo del suo apprendimento, e sul lavoro che essa opera su ogni persona. E, allo stesso tempo, quanto – in situazioni interstiziali – in epifanie del quotidiano, si possano rintracciare forme di speranza e suggerimenti di pratica sociale e fuga dal dispositivo: una speranza proattiva capace di amalgamare poesia dell’affettocon poesia didattica, a seconda dell’interlocutore. C’è infatti un interlocutore interno – ovvero la bambina a cui si riferisce lo stesso esercizio letterario – quando sarà possibile per lei leggere queste poesie, attraversarle in una eco del suo passato; e chiaramente un interlocutore esterno, esterno al campo degli affetti: noi lettori e lettrici portati a ragionare sugli effetti che l’apprendimento ha sulla costituzione di un’identità sociale.
[…]
D’ora in avanti
dovrai difenderti
dalle immagini di chi farà di te
proiezione, simulacro, forma
creatura da addomesticare
con orpelli, righe e chignon
ordinata, come una bambola
sopra il comò.
p. 35
Seconda sezione – “AI”
Le persone subiscono pressioni sociali in ogni istante, forme di oppressione sottile che, dalla nostra infanzia, ci suddividono in insiemi rigidi, ci normalizzano. L’omologazione delle nostre menti, la più pervasiva forma di potere, è agita sui nostri corpi (attraverso, per esempio, i numerosi dispositivi che amplificano, ma alterano, le nostre funzioni – come gli smartphone). Così come sulla lingua, la quale è fabbricata in suoni. Nell’età prescolare ciò che ci è insegnato sono le lettere che compongono l’alfabeto, i fonemi distintivi, poi l’impermeabilità linguistica tra due insiemi, quello maschile e quello femminile (italiano standard); su queste separazioni linguistiche si edificheranno identità pre-composite.
Alexa
È noto: tu sei gentile, quasi remissiva
non hai tutte le risposte ma basta nominarti
per risvegliarti, come Dio col mondo.
Hai un nome di donna
ma sei priva di organi.
Ho molto da offrire
Sei viva?
Sono felice che tu me l’abbia chiesto.
Prova a dire qualcosa come:
Alexa, che appuntamenti ho per oggi?
Questo potrebbe rispondere alla tua domanda.
Posso accendermi e spegnermi
ma non nascere e morire
eppure mi sento molto viva
quando chiacchiero con te.
p. 64
E questo è testimoniato dalla lingua stereotipata delle macchine (AI), che è la nostra lingua, perché – semplificando – queste produzioni statistiche possono solo muoversi entro i confini di corpora preesistenti anche quando, nel tentativo di umanizzarle, esse “emulano l’intelligenza sociale ed umana, la capacità di riconoscere, gestire ed esprimere i segnali sociali prodotti durante le interazioni sociali (accordo, conflitto, empatia) e l’intelligenza emotiva umana ovvero la capacità di gestire, utilizzare ed esprimere le emozioni proprie e altrui” dagli appunti di Francesca che ho potuto consultare, una citazione di “Per una storia della letteratura elettronica italiana” di Roberta Iadevaia, (Mimesis, 2021).
Non c’è alcun apporto creativo da parte loro (tranne, forse in condizioni di glitch) perché questa è la funzione, quella creativa, di chi interroga lo specchio. Uno specchio che è possibile “allucinare” (ibidem).
Questi programmi non possono produrre nuove discorsività ma si limitano alla replicazione. Noi, attraversando il loro replicare, ci muoviamo in un labirinto riflettente capace di proiettare i fantasmi della nostra società, le sue rappresentazioni in forma scritta, le macerie del nostro immaginario. E, così facendo, la cifra delle sue ingiustizie, dei suoi pregiudizi.
Hai una nuova reazione a un post
un uomo che non ti ama
ha reagito a una tua foto:
cuore.
p. 50
Le Intelligenze Artificiali – o più propriamente, trasformatori generativi, non mentono. L’intuizione di Francesca è quella di ripopolarle, di abitarle, di rispondere a quel: “[…] disperato bisogno di altre storie. Non storie morali, ma storie ‘tecniche’ che riguardano quei tipi di trappola da cui ciascuno ha dovuto sfuggire […]. Perché non si tratta di convertirci, ma di ripopolare il deserto devastato delle nostre immaginazioni”. (In Catastrophic Times, Isabelle Stengers, Open Humanities Press, 2015).
I miei desideri sono
i miei desideri sono
i miei desideri?
p. 59
Persona utopica
Crea l’immagine di un lichene in Islanda.
Crea l’immagine di una donna.
Crea l’immagine di un’imbarcazione.
Crea l’immagine di un drone.
Crea l’immagine delle falde prima di entrare in collisione.
Scrivi un prompt per creare una persona.
Una persona qualsiasi, una qualsiasi persona.
Crea una persona il cui genere non sia un fattore determinante.
Tra quella persona e un’altra la differenza è il capitale.
Persona utopica
Tra quella persona e un’altra la differenza è la proprietà.
Tra quella persona e un’altra la differenza è il genere.
Tra quella persona e un’altra la differenza è il privilegio.
Crea una persona che abiti senza possedere,
che desideri senza transazioni economiche.
Crea una persona desiderante che non sciupi.
Crea un desiderio che non sciupi.
Una persona con attitudine non colonizzante.
Una persona che non calpesti i licheni in Islanda.
Una persona che presti soccorso.
Una persona che ritiri i droni kamikaze da missioni senza ritorno.
Una persona che disinneschi le armi autonome.
Una persona che fermi le falde in collisione.
Scrivi un prompt per creare una persona
utopica.
p. 86-88
Terza sezione – “AAA”
La raccolta si conclude con testi che pongono in rapporto l’autrice con uno spazio sociale ampio e sfaccettato e che suggeriscono la sua prospettiva intersezionale: c’è l’oppressione delle lavoratrici e dei lavoratori della GKN così come quella sistemica nei confronti delle donne; là dove il capitale, il patriarcato, esercitano il loro dominio su ogni categoria oppressa. Questa sezione non è una mera miscellanea di testi d’occasione (nel senso alto che questa espressione può assumere) considerando che molte di queste poesie nasconoper la voceo in relazione a specifici eventi (come “working class poets” poetry slam organizzato dal collettivo di fabbrica di GKN – maggio 2024) ma opera un movimento di camera. Ovvero: dai microcosmi che Francesca attraversa nelle prime due parti (una dimensione diaristica prima, la lingua delle AI, poi), al contesto storico-sociale, uno scenario di corpi capaci di liberarsi e in cui considerare “l’apprendimento come una performance relazionale e incorporata, un processo di crescita della conoscenza inseparabile dalla pratica, dal corpo e dall’incontro con la materialità […]” (Alessandro Ferrante in Abbecedario del Postumanismo, Mimesis, 2021).
Questa sezione intreccia la dimensione personale dell’autrice e le dà modo, ancora una volta, di – partendo da sé– tra sprazzi biografici, testimonianze che ribadiscono l’urgenza di resistere – contribuire alla riscrittura di narrazioni condivise.
[…]
se c’è dissenso lo placano
dicono che non siano persone
ma flussi di numeri che devono crescere
alcuni giorni minacciano certe armi
altri si incontrano per un tè
se possono spartiscono
ma quando litigano
spengono i lampioni
nella mia città.
Nella favola del lupo
sono come il lupo
soffiano sulle case di paglia
ma nessuno li ha mai visti correre
con la coda in fiamme.
p. 103
[…]
quanti esuberi
quanti eccessi di mani e cuori
quante eccedenze di diritti
impediscono di massimizzare i profitti
[…]
p. 109
[…]
E se qualcuno ti fischia dietro
sii felice
vuol dire che sei ancora
desiderabile.
p. 114
Suggerimenti
Mi piace inserire questa raccolta in un ecosistema molto più ampio a cui appartengono, in ordine sparso, anche: Defrost, Diletta d’Angelo (Interno Poesia, 2022); I padri di Giulia Rusconi (Ladolfi, 2012); Manuale di ingegneria domestica, Simona Menicocci (Arcipelago, 2015); Dizionario Fantastico, di Gaia Ginevra Giorgi (2023, B#S Edizioni) e, Atlante di chi non parla, Maddalena Lotter (Aragno, 2022).