Autenticità e poesia contemporanea /9

Anche Mariagiorgia Ulbar ha deciso di rispondere al questionario sull’autenticità, nell’ambito di un dibattito che da inizio estate vede coinvolti diversi poete e poeti, da Roberto Cescon ad Andrea Inglese a Marilena Renda, e che sta lasciando delle tracce importanti su cui riflettere anche in seguito. Qui si possono trovare tutte le domande che compongono il questionario, che sono state scelte di volta in volta dal poeta interessato. Domenica 19 settembre alle ore 19.00, a Pordenonelegge, presso la Libreria della Poesia di Palazzo Gregoris ci sarà un incontro dal vivo su questa tematica e vedrà presenti le due poete che hanno avviato il dibattito, Maria Borio e Laura Di Corcia, e Giorgiomaria Cornelio (per prenotazioni QUI).

 
 

Che rapporto c’è tra scrittura confessionale e autenticità? L’autenticità può essere connessa solo alla lirica, concentrata quindi intensivamente sul soggetto, oppure ad altro? L’etimologia di autentico, d’altra parte, deriva dal greco αὐϑέντης, composto autos (me stesso) e hentes (colui che agisce): autentico è chi agisce secondo il suo vero sé. Ma l’azione, per realizzarsi, presuppone un contesto e la possibilità di interazione con gli altri, senza i quali nemmeno la nostra identità riuscirebbe a costituirsi. La prova dell’autenticità, alla fine, avverrebbe comunque in un orizzonte intersoggettivo… – e, quindi, l’espressione (autentica) di sé, da parte del poeta, come può interessare la collettività?

Non ho mai praticato la scrittura confessionale e non l’ho mai preferita, tolta la lettura di alcune autrici americane avvenuta nella tarda adolescenza e apprezzata per la possibilità che mi si offriva di lanciare uno sguardo sulla trasmutazione di tragedie personali in immagini di forza poietica memorabile (qui penso, sostanzialmente, a Sylvia Plath). Ritengo ormai decadute o in decadenza alcune definizioni di genere poetico che, probabilmente, fino a poco tempo fa risultavano ancora applicabili con un margine minore di restrizione o di grossolanità. Fatta questa premessa, è conseguente per me dire che recepisco poesia e autenticità come sempre strettamente connesse e dunque è necessario chiarire qual è e come si è andato definendo per me nel tempo il concetto di autenticità.

Ricordo che qualche anno fa, all’uscita di una ricerca condotta da Laura Pugno e intitolata Mappa immaginaria della poesia italiana contemporanea (Il Saggiatore, 2021), ci fu una curiosa, frizzante quanto interrogativa reazione ai dati che il saggio presentava. L’operazione prendeva avvio da una domanda: si può dare una forma alla poesia italiana contemporanea?

Il saggio nasceva da un esperimento avviato da Laura Pugno con un gruppo di poete e poeti: definire dei parametri con cui raccontare la poesia, scegliere un centinaio di poeti italiani, assegnare un valore a ciascun parametro per ciascun poeta e infine trasformare i dati in rappresentazioni grafiche, immagini, costellazioni. Ne veniva restituita una fotografia del multiforme universo del nostro contemporaneo letterario. Ci furono allora scambi di messaggi, telefonate, battute con amici: sembrava che i poeti e le poete inserite nelle mappe, almeno quelli di mia conoscenza, e ovviamente io, si ritrovassero associati a una definizione o raccolti in un gruppo di appartenenza, ma non riuscissero a specchiarvici e a riconoscervisi. Io all’epoca ero stata posta nel gruppo dei lirici ed ebbi modo di interrogarmi su quel che significava, sul perché i parametri offerti portassero a quella conclusione. Quando scrivo uso la parola “io”? Sì, lo faccio spesso, o uso un vago “noi” e altre persone che sembrano riportare l’esperienza a una realtà vicina, riconoscibile, vissuta. Parlo del vero? Il vero è l’esperienza personale? Di cosa parlo? Ma soprattutto, quel che dico è autentico? Cosa vuol dire autentico? Non è facile esprimere la portata stratificata di una parola, perché le parole compaiono nella lingua e poi hanno un corso, un uso, trasformazioni, ma soprattutto declinazioni e interpretazioni. Mi sono posta davanti alle parole autenticità e verità, le ho guardate, nell’occasione di questo questionario, come se fossero due opere visive, plastiche, e io la persona che le fruisce, con il suo retroscena di idee, di influenze, di vissuto, di conseguenza le ho recepite, per la prima volta, nella loro dimensione apparentemente intonata, ma non coincidente. Se penso alle scritture, recepisco la verità come sinonimo di realtà fattuale, giornalistica, scientifica, storica, anche psicologica ed esperienziale, mentre invece l’autenticità come l’esercizio che uno sguardo – inteso come l’insieme delle capacità di scansione, di connessione e di interpretazione della realtà – muove verso le cose e intorno a esse, trasmutandole in un linguaggio poetico inteso come pratica che utilizza strumenti retorici e compositivi capaci di offrire un’immagine di sintesi. Allora le categorie di lirico e non lirico decadono, decade la definizione dell’utilizzo dell’io in poesia e l’autenticità si desume, a mio avviso, dalla posizione che si sceglie di assumere nel momento in cui si scrive, dal contesto linguistico, editoriale o performativo entro il quale il testo si inserisce, e, insieme, dalla posizione che assume chi legge, che fa della sua fruizione e ricezione uno strumento sicuramente interpretativo, ma al contempo, creativo. In questo senso sì, la poesia può ingaggiare la collettività e stimolarne l’interesse, perché, posto che questa collettività abbia voglia di leggere, può trovare nel testo poetico una pratica attiva ed ecologica di vita nel mondo, accedendo alla parola poetica, autentica ma biodiversa rispetto al linguaggio del quotidiano, con la stessa mescolanza di curiosità, osservazione, interpretazione e distanza che si confà all’approccio con la complessità della natura.

 

Utilizzando il filtro problematico dell’autenticità, credi che le dicotomie che riguardano la postura del soggetto in poesia possano essere ripensate o ristrutturate?

Per rispondere a questa domanda, mi viene in aiuto un aneddoto, in grado di esprimere l’essenza della trasformazione avvenuta nelle scritture poetiche e nella ricerca poetica. Mi trovavo a Milano a settembre 2023 per il secondo incontro di Esiste la ricerca, in compagnia di un numero davvero impressionante di “addetti ai lavori” del mondo della poesia, tra cui poeti, editori, critici, lettori, studiosi, di età disparate, provenienze disparate, attitudini altrettanto. Ricordo che si discusse per tutto il giorno delle istanze della poesia di ricerca, della poesia lirica, presero la parola in molti, taluni ripresero la parola più volte, spesso ripetendosi e mostrando posizioni rigide o irrigidite rispetto ai generi poetici, alle sfumature, alle appartenenze, talaltri non la presero mai, mostrando come esistano generazioni, di fatto una generazione, la mia, quella dei nati negli anni 80, che è rimasta sempre ai margini, dando lustro probabilmente al manifesto grunge del disagio intramontabile, del disagio che diventa cifra espressiva, dell’incapacità di fare gruppo e di costituirsi in uno statuto di appartenenza generazionale che ad altre generazioni è riuscito. Alcuni parlarono per ultimi, ed erano i più giovani, diciamo a partire sempre da quei nati negli 80 in poi, e fu chiaro che dicotomie, divisioni e altro che riguarda la postura dell’io, non hanno più ragion d’essere discussi, perché sono tramontati come necessità rivendicativa e corporativa, oppure perché semplicemente sono stati digeriti dalle scritture a creare linguaggi multiformi e ibridi, possibilità infinite che sono, a mio avviso, la caratteristica fondamentale della poesia e dell’autenticità: essere nel contemporaneo e dirlo in parole senza la necessità di definizioni univoche inapplicabili, ma con la densità che l’autentico esprime nell’intenzionalità delle pratiche poetiche.

 

Quando scrivi, nel momento in cui prende spazio l’elaborazione del testo, hai di fronte queste prospettive? E se sì, in che modo influenzano il tuo lavoro?

Quando scrivo non ho molto in testa; posso dire che più che altro coltivo una dimensione mentale che attiva i frammenti depositati e li mette in risonanza: sono frammenti di varia natura e forma che esistono anche nei momenti in cui non scrivo, ma che nell’avvio dell’atto della scrittura si fanno materiale che, lavorato con strumenti della lingua, si ricrea in una forma. L’autenticità prescinde dal contenuto e persino dalla voce che utilizzo o dal tema, argomentazione o visione proiettiva che in qualche maniera vengono ad affiorare nei versi; l’autenticità si esprime nell’intenzione, nell’onestà intesa come espressione resa con forze compositive del tutto personali e individuali (e questo vale anche se fossero utilizzate tecniche compositive di cut-up, cancellazioni ecc.) e come esposizione del testo in un contesto che, di volta in volta, lo attiva nella sua funzione comunicativa attiva, straniante, in grado di modificare la percezione.

 

Il questionario completo
QUI

 

Tutti gli interventi di Autenticità e poesia contemporanea:
1. Roberto Cescon su Le Parole e Le cose
2. Tommaso Di Dio su pordenoneleggepoesia.it
3. Marilena Renda su Nazione Indiana
4. Andrea Inglese su Le Parole e le Cose
5. Marco Pelliccioli su pordenoneleggepoesia.it
6. Antonio Francesco Perozzi su Nazione Indiana
7. Andrea Accardi su Nazione Indiana
8. Dimitri Milleri su Le Parole e le Cose