Silenzi a più voci, l’opera che per la prima volta fa conoscere al pubblico italiano la poetessa slovena Tina Volarič, tradotta da Michele Obit, è composta da una prima parte di testi scelti dalla sua prima raccolta Cerchi di silenzi polifonici (Krožnice večglasnih tišin, JSKd, 2014), e da una seconda di inediti (Qui cresceva un albero). In questo percorso la poesia appare il “movimento” di una “tessitrice” che cuce le cose percepite “in nuove prospettive”, così che i paesaggi dove vive (le case di un piccolo borgo, una stanza, boschi, animali) si tengono insieme ai moti meccanici e alle galassie, in una successione di scene che si corrisponde più in là dello sguardo. Lo spazio sembra un “lago infinito”, senza fondo senza sponde, riempito dalla materia per giungere a noi nel presente dal passato più remoto, facendoci “essere / adesso / altrove”. In questo movimento l’io si riduce, gioca a nascondino, scompare nelle cose, il bosco si espande ogni passo, il corpo muove la terra, il bramito di un cervo si estende sulla corteccia degli alberi.
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